Quale luce per la tragedia |
Roger Narboni disse qualche anno fa: «L’illuminazione non è paragonabile al cibo, ma tutti gli psicologi concordano nell’affermare che, per superare dei traumi, si ha bisogno anche di cose semplici come la luce. In un orfanotrofio, per esempio, un’illuminazione concepita con intelligenza può contribuire molto al benessere dei suoi piccoli ospiti. Per parte mia, ricordo ancora l’angoscia quando, da bambino, durante la guerra d’Algeria, veniva tagliata l’elettricità. In periodi di tensione come questi, credetemi, per un ragazzino la luce non è affatto un lusso… E poi, è importante rammentare che il nostro lavoro di lighting designer non consiste solo nell’offrire un servizio a chi può permettersi di pagare o nell’illuminare delle cattedrali in pieno deserto».
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Editoriale Negli ultimi tempi noto un gran proliferare di studi, progettisti, showroom, aziende produttrici, artisti, designers della luce. C'è un grande interesse da parte di molti a sbarcare il lunario tramite la luce. Molti s'improvvisano esperti della materia senza conoscerla...
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Anthony McCall, Breath [the vertical works] – Hangar Bicocca, Milano |
La luce, come mezzo espressivo nella sua pura essenza di onda elettromagnetica, ha trovato diverse e riuscite applicazioni nell’arte contemporanea, a cominciare dalle intuizioni dei futuristi i quali glorificarono la luce elettrica, nei loro Manifesti, quale principio di una nuova era scientifica, sociale e creativa. I progressi tecnologici degli ultimi cento anni hanno permesso le sperimentazioni più ardite sino al raggiungimento dell’utopia più affascinante, la completa immaterialità.
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